~Future Hogwarts:Scuola di magia e stregoneria~ [GDR su Harry Potter]

La fine di uno splendido sogno

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Adrian Powter
CAT_IMG Posted on 14/10/2008, 17:55




Si sa, un uomo saggio dice che se qualcosa va bene non tarderà ad andar male. Quest' uomo forse doveva conoscere la vita di Adrian Powter, direttore del San Mungo, da più lati del mondo scientifico proclamato come genio in medicina e Elizabeth Deaver, la misetoriosa Legilmens.
I due si amano, i due hanno prodotto un bambino che sarebbe dovuto nascere sette mesi più tardi di quel tragico giorno.
Si sa, quando qualcosa va male, non può che andar peggio.
La situazione famigliare di Elizabeth era tristemente ben nota ad Adrian che poteva proteggere la propria ragazza e proprio figlio come poteva. Ma non aveva il dono dell' obliquità. Adrian Powter poteva essere solamente in un posto in un determinato momento.
Ed in quel determinato momento era nel posto più sbagliato: era a lavoro. Se fosse stato con lei nulla di tutto ciò sarebbe successo.
Certo, c' era anche da dire che la vita di Elizabeth fu salva proprio grazie al sue genio medico. Perché non c' era uomo in quell' ospedale capace di operare una donna in condizioni così gravi. Ma era solamente un uomo purtoppo. Quell' uomo non potè salvare suo figlio.


No, non potevo crederci. La notizia era incredibile, era orribile. Il mio volto bianco e mentre correvo per i corridoi, mentre urtavo dottori, infermieri e pazienti per dirigermi il più presto possibile al pronto soccorso pensavo ad un orribile incubo.
Quando spalancai con violenza la porta del pronto soccorso qualche infermiera mi rurlò di ermarmi, ma stavo sragionando. Il camice addosso era già messo.
Andai alla sala delle emergenze, mi lavai le mani ed entrai.
La scena che mi si presentò davanti agli occhi mi strappò l' anima. Persi un battito e per la prima volta dopo dodici anni mi venne da piangere.
Vedere il ventre dilaniato della donna che amavo era un dolore doppio. Perché sapevo bene che comportava quella ferita.
Anzi, mi pareva di sentira anche la puzza dell' incantesimo che l' aveva ferita. Sectumsempra. Con rabbia mi avvicinai, spostai Harris che stava operando e presi la bacchetta.
Qualcuno urlava che la ferita non si richiudeva. Qualcuno urlava che era opera di Magia Oscura.

« STATEVI ZITTI!
E' INCINTA! E' MIO FIGLIO!
AIUTATEMI A SALVARLI PORCA PUTTANA!
»

Il mio urlo fu seguito da proteste di infermiere che mi dicevano di non operare. Andava contro la morale professionale.
Ero sentimentalmente coinvolto.
Ma quando la mia bacchetta iniziò a muovere tessuti e sangue, quando la mia magia medica scacciò quella oscura con violenza assurda, quando mi rivelai per il guaritore che ero.
Il sangue diminuiva, ma qualcuno mi diceva che non c' erano speranze per il bambino.
No!
Non potevo accettare quelle sentenze. Io dovevo salvare mio figlio!
La bacchetta mi cadde per terra dopo circa mezz' ora di intervento. Il sangue furiusciva, ma il processo rigenerativo era terminato.
Harris si avvicinò io mi poggiai contro il muro, distrutto.

« Adrian, non possiamo salvarli entrambi. Elizabeth per mantenere la gravidanza dovrebbe morire, possiamo solo ridurre al minimo le sue funzioni vitali per portare a termine i nove mesi.
Sei il padre del bambino, devi decidere tu.
»

A quelle parole piansi. Non mi rendevo conto, la confusione che avevo in testa era assurda. Ragionavo a malapena e quella fu la mazzata finale. Scegliere tra l' amore per una donna e quello per un figlio.
Non c' era domanda più orribile che si potesse fare ad un uomo.
Harris mi mise una mano sulla spalla, io alzai lo sguardo.
Mi asciugai le poche lacrime ed uscii dalla stanza. Avevo lasciato tutto nelle mani del guaritore più fidato. Harris sapeva quale sarebbe stata la mia scelta.
Una scelta dolorsa, dettata da semplice convenienza scientifica.
Perché se fosse sopravvissuta, in un futuro, avrebbero potuto fare un altro figlio.

« Salvate la madre. »


 
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Liz Deaver
CAT_IMG Posted on 14/10/2008, 18:23




Passarono due giorni da quel maledetto pomeriggio al parco, due giorni che le parvero lunghi come due settimane, seppur la giovane fosse ancora incosciente.
La sua ultima considerazione prima di svenire le era rimasta impressa indelebilmente, e quelle ore furono un lunghissimo incubo in cui non poteva che rendersi conto di ciò che era successo, di ciò che sarebbe successo una volta sveglia, e questo non la rendeva di certo entusiasta di ricominciare a camminare con le proprie gambe.
Lasciarsi morire lì sarebbe stato molto più facile, e si sarebbe lasciata andare se non ci fosse stato lui.
Se non ci fosse stata una presenza non ben definita accanto a lei che tuttavia la faceva sentire straordinariamente al sicuro, presenza che avrebbe definitivamente riconosciuto solo una volta aperti gli occhi.
Ma nel suo inconscio sapeva perfettamente che Adrian non l’avrebbe mai abbandonata in quella situazione, e che nemmeno lei aveva il diritto di abbandonare lui.
Così, quasi con uno sforzo inaspettato, quel sogno tremendo aveva ricominciato a dissolversi, per lasciar spazio al freddo fastidioso della vita reale.
Era stato come rivivere quello che aveva passato mesi prima, era stato come morire di nuovo per poi cambiare idea e tornare indietro.
Quel maledetto filo così dannatamente sottile che la obbligava ad aggrapparsi alla propria vita, nonostante l’inconscia consapevolezza che da quel momento poche cose sarebbero state facili.
Ma glielo doveva, non poteva abbandonarlo.

Non sapeva che ore fossero, non si rendeva bene conto di quanto fosse passato, e a mala pena riusciva a capire dove si trovasse in quel momento .
No, non era un paradiso, o almeno il paradiso non se l’aspettava con il rumore del traffico fuori dalla finestra in sottofondo.
Catturò con un profondo respiro un po’ dell’aria gelida della stanza in cui si trovava, ancora prima di aprire gli occhi, sentendo una lieve fitta all’altezza del ventre.
Ma sentiva un respiro caldo sul collo, come se qualcuno si fosse addormentato accanto a lei.
Questo, seppur controvoglia, la costrinse a spalancare le iridi chiare, pentendosi poi a causa della luce –seppur non eccessivamente forte- presente nella stanza.
Le ci vollero quindi almeno altri 20 secondi per riabituare gli occhi e per riuscire a tenerli ben aperti.
Cominciò a guardarsi intorno, notando subito una chioma mora e due occhi chiusi in un’espressione..truce, accanto a lei.
Sorrise appena, vedendo l’uomo che amava.
Ma era un sorriso amaro, non c’era nemmeno un filo di felicità in lei in quel momento.
E come avrebbe potuto esserci?
Aveva appena perso suo figlio, il figlio che le stava crescendo in ventre e che, seppur non ancora nato, cominciava già ad amare, cominciava già a desiderare.
L’aveva perso per mano di sua sorella.
Questa considerazione fu quella che risvegliò in lei un mare di pensieri, riportandole alla mente tutti i dettagli, o quasi, della propria situazione attuale, che le pareva quanto mai inaffrontabile.
Richiuse gli occhi nuovamente per qualche istante, provando quasi una sensazione di sollievo, cercando di mettere un po’ di ordine nella propria mente.
Ma era troppo stordita in quel momento per ragionare, per ricordare tutto.
Era stordita e stanca, e stava prendendo in considerazione l’idea di lasciarsi scivolare di nuovo nel sonno, per esternarsi ancora dalla realtà.
No, glielo doveva, non poteva lasciarsi andare.
Così si costrinse a reagire, ad aprire ancora gli occhi e ad ignorare quell’assurda consapevolezza che la torturava.
Il suo bambino..sua sorella..il suo bambino..
Quasi automaticamente rivolse nuovamente lo sguardo all’uomo addormentato lì vicino a lei, e alzò lentamente una mano per accarezzargli lievemente il viso.
Ci doveva essere rimasto veramente male per quello che era successo. Si era spaventato, e anche parecchio, probabilmente.
 
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Adrian Powter
CAT_IMG Posted on 14/10/2008, 20:51






Due giorni. Due giorni che la mia ragazza lottava tra la vita e la morte. Avevamo perso nostro figlio ora io non potevo perdere anche lei.
Notte e giorno ero li, in ospedale. Quella struttura era diventata per me la cosa più importante al mondo. L' avevo sempre odiato quel post, ora era la mia unica speranza di salvezza dalla disperaziome.
Sentii qualcosa sfiorarmi il viso, aprii gli occhi. Durante la mia silenziosa veglia mi ero addormentato. Lentamente aprii le palpebre e con sorpresa trovai il volto di Elizabeth con gli occhi aperti.
Pallido, stanco, distrutto.
Ma sveglio. E con un sorriso amaro sulle labbra.
Quel sorriso che contagiò anche me, che mi fece stringere la sua mano nella mia per poi baciarla delicatamente.


« Scusami.
Non sono riuscito... a salvarvi entrambi...
»

Era quello il mio più grande rimorso.
Ci avevo provato, non ci ero riuscito. Non ero stato all' altezza. Non importava se salvarlo, nonostante la mia bravura era impossibile.
Era mio figlio, io avevo il dovere di salvarlo dalla morte, a qualsiasi costo.
Ed avevo fallito miseramente.




 
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Liz Deaver
CAT_IMG Posted on 14/10/2008, 21:08




Non ci volle molto perché lui si svegliasse, probabilmente caduto in quello stato di dormiveglia non da troppo tempo, intanto che attendeva che lei si svegliasse.
Se lo conosceva bene, aveva passato gran parte del suo tempo in quei due giorni lì in ospedale, e il suo viso stanco ne era una prova tangibile.
Anche lui sorrise, con la stessa malinconia della ragazza, e lentamente strinse la sua mano nella propria, posandovi un bacio leggero.
Negli occhi della giovane, adesso, si poteva leggere chiara una domanda, una domanda tranquillamente intuibile dopo quello che era successo, anche se dentro di se sapeva già la risposta.
Sperava soltanto che lui fosse lì per smentirla.
Così trattenne il respiro quando vide che lui stava per parlare.

-Scusami.
Non sono riuscito... a salvarvi entrambi... -



Una fitta.
Fu questo che sentì quando lui pronunciò quelle parole che lei aveva già imparato ad odiare.
Il suo bambino..non ce l’aveva fatta..
Ci furono alcuni istanti in cui lei chiuse gli occhi, girando il viso dall’altra parte, per non incrociare lo sguardo dell’uomo, mentre le lacrime scendevano automatiche sul suo volto, mentre sentiva il proprio cuore gelare sotto quel peso.
Ora che ne aveva la conferma, sembrava tutto ancora più brutto, più insostenibile.
Ma passati i primi minuti, in cui la notizia penetrò nell’essere più profondo della ragazza, in cui quegli istanti si incagliarono per sempre nella sua memoria, la frase di Adrian assunse anche un altro aspetto, un particolare.
Lui si scusava.
Non doveva scusarsi, non voleva che si incolpasse, non sarebbe stato giusto.
Sforzandosi quindi di ricominciare a respirare, sforzandosi di ragionare, Elizabeth portò nuovamente il proprio sguardo in quello di Adrian, scotendo lentamente la testa.
No, era colpa di Adrian quanto lo era di Liz, se la volevano mettere su questo piano.
Lei non era stata abbastanza attenta, e lui era convinto che la situazione non fosse abbastanza grave per non poter salvare il figlio.
In verità la colpa non era di nessuno dei due: non potevano prevederlo.

“Non è colpa tua..”



Rispose quindi con un fil di voce, quasi lo stesse supplicando di non torturarsi ulteriormente.
In quel momento sembrava impossibile, ma..l’avrebbero superata, restando insieme.
 
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Adrian Powter
CAT_IMG Posted on 15/10/2008, 17:46






Era fin troppo facile nascondersi dietro un "non è colpa tua", era fin troppo facile .Ero un medico, ero un uomo.
Come medico avevo fallito nel curare una paziente, come uomo avevo fallito nel proteggere mio figlio e la mia donna.
Lei era viva, mio figlio no. Nulla sarebbe stato più come prima, era una cicatrice che ci saremmo portati dentro in eterno.
Quando la vidi piangere portai una mano delicata sulla sua test,a poi sul suo viso,a sciugandole le lacrime da llungando il collo per baciarlo piano una guancia.


« Quando sei arrivata qui eri un caso disperato.
Io stesso ero convinto di perderti e cont e il bambino.
Poi è arrivato quel mago da strapazzo ed ha sistemato le cose. Ho dieci anni di esperienza in puù, ma non ho mai visto una cosa del genere.
»

Harris. Sorrisi appena e mi voltai verso il medico che era entrato nella stanza, quello di cui mi fidavo di pià quell' ospedale.
Aveva dei fogli in mano e da buon medico sapevo cosa significavano; Responso dell' attacco: conseguenze e danni.

« Sono i risultati Harris? »

« Si, e sono incoraggianti.
Anzitutto pensavamo che con l' attacco tu avessi perso la possibilità di avere figli in futuro, ma dalle analisi risulta tutto il contrario.
Tuttavia tieni ben a mente di venire qui alla prossima gravidanza.
Altre analisi non necessarie.
Per il resto, nulla di strano. Due settimane qui, per dare il tempo al corpo di assorbire la botta in santa pace e sarai più o meno come nuova signorina Deaver.
Ora vi lascio, devo scappare a quella di fianco alla vostra stanza che scalpita.
E' stata colpita da qualche anatema e sembra abbia una strana furia insita.
»

Salutai Harris, aspettai che uscisse dalla stanza. Quell' ultimo peso si sollevò dal mio cuore, portai una mano nuovamente sul viso di lei, sfiorandolo delicatamente.
Ora non c' era più nostro figlio ad allietare lo nostre giornate, a farci sorridere per il futuro. Ma la speranza di un domani migliore.
E tra le due, purtoppo, la seconda rimaneva sempre quella più maledettamente astratta.


 
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Liz Deaver
CAT_IMG Posted on 15/10/2008, 18:07




No, Adrian Powter non avrebbe ascoltato la sua preghiera, avrebbe continuato ad incolparsi per ciò che era successo, avrebbe continuato a vederla come una propria sconfitta, qualsiasi cosa lei dicesse.
Quindi decise di lasciar perdere l’argomento, purtroppo l’umore che aveva adesso non le permetteva di consolarlo, non riusciva a sostenere nemmeno se stessa, figurati l’uomo che amava e che come lei aveva appena perso un figlio.
L’unica speranza che potessero andare un po’ meglio le cose si era dissolta quel giorno e, volente o nolente, avrebbe dovuto accettarlo.
Presto sarebbero arrivati a darle il colpo di grazia, ne era certa.
Magari non Rose, ma sarebbero arrivati, ora che era debole.
Quando le lacrime cominciarono a scendere sul viso della giovane, lui vi portò delicato una mano per asciugarle, e le posò un bacio sulla guancia.
Poi una voce interruppe quel momento prima che lei potesse respingere quelle attenzioni.
Non era da coccolare, era stata la solita stupida incosciente e come risultato aveva ottenuto che suo figlio era morto e che il suo uomo era convinto di avere qualche colpa.
Non era da coccolare.
Adrian si voltò verso il medico a cui apparteneva quella voce, e lei fece lo stesso, alzando appena la testa, ma mostrando appieno quella leggera apatia che la stava invadendo.
Niente sarebbe stato più come prima, ne era certa.
I due maghi si scambiarono qualche parola, e il medico che era appena entrato le spiegò le sue attuali condizioni, di cui probabilmente nemmeno Adrian era a conoscenza.
Andava tutto bene.
Aveva ancora la possibilità di fare bambini, anche se avrebbe dovuto fare delle analisi, ed entro un paio di settimane sarebbe stata fuori di lì.
Andava tutto bene, a parte che aveva appena perso un figlio.
Strano, si era aspettata un responso più catastrofico.
Ma almeno avrebbe potuto tornare a casa prima di quanto credesse, questo era positivo.
Non disse nulla fino a quando il medico non uscì dalla stanza, e, strano ma vero, non salutò nemmeno l’uomo, come in genere educazione le avrebbe imposto.
Lasciò quindi ricadere la testa sul cuscino, chiudendo per un attimo gli occhi, mentre Adrian riportava le proprie attenzioni su di lei, accarezzandole il viso.
Dopo i primi istanti di smarrimento, il malumore l’aveva assalita, così come quella straziante sensazione di impotenza davanti a tutto quello che stava accadendo.
Era persino quasi sul punto di chiedere ad Adrian di uscire, ma inconsciamente sapeva che non l’avrebbe mai potuto fare.
Dopo quello che era successo, non lo avrebbe mai cacciato da accanto a se, anche se avrebbe preferito restarsene sola.
 
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Adrian Powter
CAT_IMG Posted on 17/10/2008, 18:09






Apatia.
Era quello che stava subendo Elizabeth. La normale reazione dell' anima a qualcosa di brutto. Escludere tutto, non provare più nulla. Ne gioie e ne dolori.
Mi morsi il labbro e sospirai, stringendo una mano di lei nella mai. Dopo che Harris fu uscito ci trovammo nuovamente da soli nel silenzio di quella stanza.
La guardai, guardai quell' espressione afflitta e quel volto così splendio sciupato. Ebbi, per la prima volta in vita mia, una fitta al cuore e mi tolse il respiro.

« Non posso permettere che accada qualcos' altro amore. »

Dissi piano, mentre un sentimento di rivlasa e di vendetta mi assaliva, mi rendeva completamente impotente dinanzi ai miei sentimenti.
Trattenevo dentro di me quel potere così forte ed incontrollabile, ma sapevo fin troppo bene che non potevo reprimere la mia forza.
Sapevo bene che sarebbe esplosa di nuovo con tutta la sua violenza, con tutto il suo ardore.
E din quel momento sarei dovuto restare lontano da Eli, lontano da tutti. Se non da chi le aveva fatto questo.

« Ti va di dirmi chi è stato? »

Chiedi delicatamente,mentr el' altra mano sfiorava appena i capelli di lei, delicatamente.
Tra poco avrebbe dovuto cambiare la medicazione, ci avrei pensato io. Probabilmente ero l' unico che l' avrebbe fatto.





Edited by Adrian Powter - 17/10/2008, 22:07
 
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Liz Deaver
CAT_IMG Posted on 17/10/2008, 21:38




Dopo che il medico se ne fu andato dalla stanza, calò un silenzio quasi imbarazzato, privo di parole, poiché in quel momento c’era ben poco da dire.
Ormai abbandonata la speranza di restarsene sola, sentendo Adrian che sospirava e le stringeva una mano nella propria ebbe un moto di affetto verso quell’uomo, non abbastanza forte però da risvegliarla da quello stato d’animo.
Niente sarebbe andato bene.
Lo aveva pensato mesi prima, e lo stava pensando adesso.
Inutile dire come la perdita di un figlio l’avesse profondamente scossa, nonostante quel bambino fosse solo di un paio di mesi e ancora dentro di lei.
Difficilmente avrebbe dimenticato quel giorno, anzi, probabilmente se lo sarebbe portato dentro per sempre.
Sperava solo che qualcos’altro arrivasse presto per riportarla, come dire..in vita.

~ Non posso permettere che accada qualcos' altro amore. ~



All’inizio le parole del suo uomo le parvero rassicuranti, tranquillizzanti.
Ma ben presto capì quello che realmente intendeva dire, ossia che non aveva la minima intenzione di restarsene lì a far nulla.
Una volta gli aveva chiesto di non vendicarsi se le avessero fatto qualcosa.
Lui le aveva risposto che non poteva prometterglielo, non poteva mentirle.
Ma a questo punto avere paura per la vita della sorella le pareva quasi impossibile.. temeva per lui invece, temeva di rimanere completamente sola.
Quest’ondata di pensieri le fece girare nuovamente il viso nella sua direzione, quando lui parlò di nuovo.

~ Ti va di dirmi chi è stato? ~


Lo guardò vagamente allarmata a questa sua domanda.
Poi rinunciò a litigare con se stessa, e decise di rivelargli quel nome.
Ti devi fidare di lui, Liz.

“Rosalie, mia sorella..”



Si limitò a dire, chiudendo appena gli occhi e tentando di mettersi seduta, pentendosene subito dopo.
Rischiava di impazzire di questo passo, ne era certa.
 
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Adrian Powter
CAT_IMG Posted on 17/10/2008, 21:53






Già, sua sorella, quella sicaria mandata dal padre. Mi morsi il labbro inferiore lasciando dentro di me i sentimenti che provavo in quel momento. Non era di certo ora di farsi vedere arrabbiato, non da lei in quella situazione.
La fermai quando cercò di mettersi seduta, era ancora troppo debole ed aveva bisogno ancora di riposo.

« Ehi, sta ferma... su stenditi, ora faccio un pò il mio lavoro... »

Quando si fu stesa tolsi la coperta e alzai la magla del pigiama che l' ospedale le aveva fornito, quel che baastava per rivelare una bendatura che circondava tutto il ventre di lei. Ripresi nuovamente una mano di lei nella mia e glie la baciai.

« Chiudi gli occhi, non è bello... »

Dissi delicatamente, prima di prende la bacchetta e togliere le garze con un sol colpo. Le rimossi e presi delle nuove, appellandole, mettendole vicino a me. Quindipresi una pozione, appellando anche quella e versai delle goccie lungo tutta la ferita. Sfiorai la stessa con la bacchetta che sfrigolò leggermente. Poi posai le bende delicatamente sul ventre, provando nuovamente una stretta al cuore. Avvolsi le bende attorno al suoc orpo, stringendole leggermente.

« Sai, mi ero abituato all' idea. Mi ero abituato all' idea di vivere con te...
Mi ero abituato all' idea di avere una famiglia con te... e sai, per la prima volta in vita mia stavo facendo progetti...
»

Chiusi le bendee delicatamente coprii nuovamente il corpo di lei, rimboccandole le coperte con amore. Chiunque fosse entrato ed avrebbe visto Adrian Powter fare qualcosa del genere sarebbe rimasto a dir poco a bocca aperta.
Ma con lei non riuscivo a fare altrimenti, era più forte di me, del mio caratteraccio.

« Non è finita amore, non finisce qui.
Tornerà quasi tutto come prima, dobbiamo essere forti.
»


La baciai appena sulle labbra, era da troppo tempo che non lo facevo. Mi sedetti nuovamente sul letto, affianco a lei e passai delicatamente un braccio attorno alla schiena di lei, sfiorandoleil lato del ventre bendato abbastanza pesantemente.

« Lo saremo, vero? »


 
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Liz Deaver
CAT_IMG Posted on 18/10/2008, 14:50




Si aspettava una reazione più..rabbiosa da parte di Adrian, e invece si trattenne, limitandosi a mordersi un labbro inferiore e tenendosi dentro la rabbia.
Lo sapeva che se ne sarebbe pentita di averglielo detto, lo sapeva perfettamente, solo che in quel momento mentirgli era davvero l’ultima cosa che voleva.
Lui, come previsto, la obbligò a sdraiarsi nuovamente, e lei non poté che ubbidire, rimettendosi stesa.
Lentamente spostò la coperta dal suo corpo, scoprendole il ventre, e preparandosi a cambiarle la medicazione.
Si, preferiva di gran lunga che fosse lui a farlo, rispetto a qualche infermiera rompiscatole.
Poi le suggerì di chiudere gli occhi, ammettendo che non sarebbe stata una vista particolarmente piacevole.
Sì, dove prima cresceva una vita, adesso si trovava una ferita che le suggeriva di non guardare.
Non sarebbe dovuta andare così.
Liz annuì, spostando la testa di lato e socchiudendo gli occhi, sbirciando solo ogni tanto il volto del suo uomo.
Più tardi probabilmente si sarebbe chiesta se il segno fosse rimasto per sempre, ma in quegli istanti aveva ben altro per la testa.
Lui quindi le tolse le vecchie bende con un colpo di bacchetta, e versò qualche goccia di pozione fredda sul suo ventre, facendola appena rabbrividire.
Non vedeva l’ora che finisse, aveva decisamente freddo così.
Intanto che “svolgeva il proprio lavoro” Adrian ricominciò a parlare, attirando a se l’attenzione della ragazza.


~ Sai, mi ero abituato all' idea. Mi ero abituato all' idea di vivere con te...
Mi ero abituato all' idea di avere una famiglia con te... e sai, per la prima volta in vita mia stavo facendo progetti... ~



Si morse il labbro inferiore a queste sue parole, avvertendo una quanto mai fastidiosa fitta al cuore.
Non poteva che sentirsi in colpa per quello che era accaduto, perché aveva la sensazione che fosse gran parte colpa propria, anche se lui probabilmente avrebbe bocciato questi pensieri se lo avesse sospettato.
Faceva male pensare che aveva appena perso una buona possibilità di costruirsi una vita, una famiglia, accanto all’uomo che amava.
E faceva male sapere che adesso rischiava di perdere tutto, e di dover ricominciare tutto da zero, sempre che fosse possibile.
Lui finì di avvolgerle le bende intorno alla ferita, e le coprì nuovamente il ventre rimboccandole le coperte in un gesto che in un altro momento l’avrebbe fatta sorridere.

~ Non è finita amore, non finisce qui.
Tornerà quasi tutto come prima, dobbiamo essere forti. ~

Disse poi, portando le proprie labbra sulle sue, dando vita ad un bacio che durò fin troppo poco per i suoi gusti.
Non è finita..
Sarebbe stato bello poterci credere, e probabilmente era quello che le stava chiedendo.
Credici amore.


~ Lo saremo, vero? ~



Le chiese quindi, stringendola in uno pseudo-abbraccio e chiedendole la prima rassicurazione da quando lo conosceva.
Era sempre così sicuro di se, eppure le stava chiedendo di confermarle che sarebbero rimasti insieme.
E lei non poteva che accontentarlo.

“Lo saremo, promesso”


Disse quindi piano, avvicinandosi maggiormente a lui, alla ricerca di un contatto maggiore con l’uomo che amava.
L’aveva promesso ormai..
 
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Adrian Powter
CAT_IMG Posted on 18/10/2008, 15:45






Dolcemente la strinsi a me, baciandole la testa ed evitandole dolori. Chiusi gli occhi e scesi con le labbra sulle sue, baciandola senza passione, perfettamente furoi luogo in quel momento, ma con un' infinita dolcezza.
Il bacio stavolta durò abbastanza a lungo, ma lo terminati, un pò perché non volevo affaticarla troppo, un pò perché volevo osservare la sua reazione.
Restai così, vicino a lei, accarezzandole piano il viso.

« Sai amore, c'è stato un momento in cui ho dovuto scegliere se salvare te oppure nostro figlio.
O meglio, dargli una lontana speranza di sopravvivenza, in cambio della tua vita. Ho pensato come un medico, come lo scienzato che sono.
Il bambino non ragionava, non pensava, non provava dolore.
Tu soffrivi, sapevi ciò che stava accadendo, nessun' altro più ti avrebbe riportata indietro in questo mondo se fosse successo qualcosa.
Ho deciso di salvare te perché credo nella tua forza, nella tua capacità di risolvere i problemi.
Ho creduto che in un futuro ciò si sarebbe potuto ripetere.
»

Mi fermai un attimo, restando in silenzio per qualche istante.
Poi portai le labbra vicino agli occhi di lei, chiudendoli delicatamente con due baci, per poi avvicinare le labbra al suo orecchio.

« Io avevo fatto progetti.
E non butto nulla, rimando solamente.
Ma c'é una cosa che non posso rimandare. Perché ormai è insita in me, a prescindere dagli avvenimenti.
»

Presi dalla mia tasca qualcosa, era un piccolo pacchettino. Nero, di velluto. Lo psai nella sua mano e con un nodo alla gola aspettai che aprisse gli occhi e che vedesse. Che aprisse quel pacchetto, che si rendesse conto di cosa c' era dentro.
C' era un anello, fermo nel mio ufficio da una settimana.
Un anello con un brillante blu, uno zaffiro prezioso. Era per lei e voleva significare solo una cosa. Che forse per la prima volta in vita sua, Adrian Powter stava pensando al suo futuro.

« Deaver, vuoi diventare mia moglie? »

Nessuno se lo sarebbe aspettato, nemmeno lei. Non in quei tempi difficili, non dopo quegli avvenimenti.
Ma rinsaldare dopo la tempesta era l' unica cosa che potevo fare, farle capire che nonostante tutto i miei progetti erano ancora li, che non era colpa sua, l' amavo ancora.
Come non avevo mai amato nessun' altra.
Già, lei era l' unica che fino a quel momento mi avesse spinto fino a pensare al matrimonio. Ed il fatto che avessero perso il bambino, forse reale motivo del matrimonio, non avesse scalifo tale volontà era significativo più di ogni altra cosa.
L' amavo, sempre ed in qualsiasi caso, sempre allo stesso modo.


 
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Liz Deaver
CAT_IMG Posted on 18/10/2008, 17:16




Lui la abbracciò dolcemente, posandole un bacio tra i capelli, per poi scendere con le labbra all’altezza del suo viso, chiudendo gli occhi e dando vita ad un bacio..straordinariamente dolce, di quelli in grado di cancellarle ogni problema dalla testa e di mettere al centro della sua attenzione solo lui, il suo uomo.
Il resto non esisteva, per un attimo.
Durò decisamente più a lungo di prima, ma dopo un po’ lui interruppe anche quello, forse per non affaticarla.
Fosse stato per lei avrebbero potuto andare avanti per ore, ma lui non sembrava dello stesso avviso.
Restò quindi con il viso vicino al suo, e lei si rilassò tra le sue braccia.
Amava quell’uomo, veramente.
Poi lui cominciò a parlare, raccontandole che si era trovato nella situazione di dover scegliere, tra la vita di lei, e la possibile vita di loro figlio.
Ed era chiaro quale fosse stata la sua scelta.
Non poteva dire di esserne felice..chi lo sarebbe stato, sapendo di essere vivo a danno di proprio figlio? Ma di certo non aveva nulla da rimproverargli.

~ Ho deciso di salvare te perché credo nella tua forza, nella tua capacità di risolvere i problemi.
Ho creduto che in un futuro ciò si sarebbe potuto ripetere. ~



Questa frase le strappò un primo, lieve sorriso.
Durò solo per qualche istante, ma era un sorriso sincero.
Si, in un futuro si sarebbe potuto ripetere. Se lo avessero voluto, avrebbero potuto avere un altro bambino, e questa volta lo avrebbero tenuto al sicuro.
Lui si interruppe per qualche istante, tanto che lei si convinse che avesse finito di parlare, che quello che aveva da dirle di fermasse semplicemente a quello.
E invece continuò, dopo averle chiuso gli occhi posandovi due baci.

~ Io avevo fatto progetti. E non butto nulla, rimando solamente. Ma c'é una cosa che non posso rimandare. Perché ormai è insita in me, a prescindere dagli avvenimenti. ~



Queste sue parole la incuriosirono non poco, poiché effettivamente non aveva idea a che progetto alludesse.
Più tardi si sarebbe resa conto che non sarebbe stato così difficile indovinare, ma comunque non ce l’avrebbe mai fatta, non ci avrebbe mai pensato.
Sentì che lui si muoveva, forse estraendo qualcosa dalla tasca, non ne era sicura.
Poco dopo le posò in mano un oggetto leggero, di forma quadrata, forse ricoperto di velluto.
Liz aprì quindi gli occhi, stupita per quanto stava accadendo, osservando la scatolina come se non riuscisse a capire cosa potesse contenere.
Un..
Sentendo una strana agitazione, quindi, lentamente la aprì, lanciando prima un’occhiata ad Adrian, che pareva agitato almeno quanto lei.
Un piccolo anello si presentò quindi alla sua vita, con una pietra che pareva uno zaffiro, una pietra che in quel momento le pareva la più bella che avesse mai visto.
Prima che potesse dire qualsiasi cosa, lui parve prendere il coraggio per andare avanti, e le formulò una semplice domanda che avrebbe determinato forse il resto della sua vita.


~ Deaver, vuoi diventare mia moglie? ~



Rimase immobile per un lungo istante, permettendo al cervello di analizzare quelle parole, così inaspettate che per qualche frammento di secondo si illuse di averle solo immaginate.
Aprì la bocca come per dire qualcosa, ma poi la richiuse, rimanendo davvero senza parole.
E, cosa forse inaspettata da una come lei, alcune lacrime cominciarono a scendere sulle sue guance, di sostanza ben diversa da quelle di poco prima.
Erano lacrime di felicità, era riuscito a scuoterla dalla sua apatia, a risvegliarla dal dolore che provava, e a farle provare quella incredibile sensazione che riusciva a identificare solo come felicità, gioia, ma che in realtà nascondeva un ben più ampio turbinio di emozioni.
‘Deaver, vuoi diventare mia moglie?’
E pensare che a quell’ora doveva essere morta.
‘Deaver, vuoi diventare mia moglie?’
E pensare che poco prima si era risvegliata in quella stanza di ospedale, e le labbra di quello stesso uomo le avevano confessato che il loro bambino non era sopravvissuto.
‘Deaver, vuoi diventare mia moglie?’
Come se ci fosse ancora da pensarci su..

“Si”



Disse alla fine, con un filo di voce, come se non avesse il coraggio di pronunciare quella sentenza, senza che le lacrime smettessero di scivolare sul suo viso, alzando gli occhi verso di lui, senza riuscire a fare nient’altro.

“Si”

 
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Adrian Powter
CAT_IMG Posted on 20/10/2008, 21:50






L' unica palusibile e benvoluta risposta ad una domand afatta con tutta la sincerità possibile, alla domanda fatta con la conspevolezza di potersela permettere, alla domanda di passare il resto della propria vita con lei era proprio "si".
Quel "si" che ripetuto due volte, accompagnato dalle lacrime, un pò di gioia un pò di sfogo, che mi tolse un pesi -ma anche più semplicemente definibile come macigno- dal cuore.
Le mie mani, delicate asciugarono le lacrime di lei. Io non potei far altro che baciarla, delicatamente prima, poi infilandovi una leggera passione non troppo spinta.
Era pur sempre mezza stonata su un letto d' ospedale.
L' abbracciai delicatamente, delicatamente passai una mano tra i capelli e per non farla sforzare le feci poggiare la schiena meglio sul materasso.


« Ti amo Deaver. »

Fu il primo, vero sorriso della giornata. Presi l' anello, ancora fermo nella sua costodia e delicatamente presi la sua mano sinistra. Lo infilai piano all' anulare e lasciai un bacio sul dolrse della mano di lei.
Mi sedetti e passai le dita tra i duoi capelli, senza dimenticarmi di darle un bacio ogni tanto.
Si, la proposta di matrimonio più strana della storia.
Fatta da un uomo che non sembrava essere capace di amare alla donna con la quale aveva principalemente litigato per metà della sua vita in un ospedale dopo che era successo il finimondo.
Ma dopotutto, la cosa più bella era che tutte quelle stranezze erano meravigliosamente sincere.




 
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Liz Deaver
CAT_IMG Posted on 21/10/2008, 14:17




Lui parve tirare un sospiro di sollievo quando lei rispose positivamente alla sua domanda, nonostante nella in vita loro probabilmente non fosse mai capitato a nessuno dei due di pensare seriamente al matrimonio.
E invece..
Stavano accadendo molte, moltissime cose contemporaneamente.
Molte brutte, poche belle.
Ma quella era decisamente bella. Chiedendole di sposarlo, Adrian le aveva definitivamente confermato di amarla ancora, le aveva dichiarato che per lui lei non aveva nessuna colpa, e che avrebbero potuto passare probabilmente il resto della propria vita insieme.
Le aveva tolto un bel peso dell’anima insomma.
Dopo la risposta di lei, quindi, lui le asciugò delicatamente quelle lacrime dal viso, attirando poi le sue labbra in un bacio un po’ più passionale rispetto ai precedenti, bacio che lei ovviamente ricambiò.
Tuttavia cominciava a sentirsi stanca, come se si trovasse in ospedale due giorni dopo un intervento che avrebbe potuto costarle la vita.


-Ti amo Deaver. –



Le dichiarò lui, ed entrambi sorrisero, per la prima volta sinceramente in quelle ore.
Quindi le prese la mano, infilandole delicatamente l’anello al dito, mentre lei lo osservava quasi ammaliata.
In quel momento, e probabilmente per il resto della sua vita, quello le sembrava il più bello che avesse mai visto.
Poi lui si sistemò seduto accanto a lei, e accoccolandosi –per quanto poteva- vicino al proprio uomo, anche lei pronunciò qualche parola, forse prevedibile, ma in quel momento non le importava.


“Ti amo anche io Powty”



Powty..e pensare che ai tempi della scuola lui tentava di schiantarla ogni volta che lo chiamava così.
Lentamente quindi calò il silenzio, mentre se ne stavano lì mezzi abbracciati a coccolarsi –più che altro, lui coccolava lei-
E, avvolta da quel groviglio incredibile di emozioni, e con gli occhi che le bruciavano per le lacrime versate, Liz si addormentò, cadendo in un sonno in parte tranquillo, in parte tormentato.
Proprio com’era il suo stato d’animo quel giorno.
 
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